mercoledì 21 marzo 2012

Ulivi monumentali: patrimonio dell’umanità e diritto alla tutela La Puglia, tra tutte le regioni d’Italia, ha il più rilevante patrimonio olivicolo. Oltre 350.000 ettari di superficie agricola sono coltivati a ulivo (pari al 25% della superficie agricola utile regionale); di tal estensione, il Salento leccese conserva circa 84.000 ettari di oliveti, pari a circa dieci milioni di piante. Il 30% di queste piante sono piante di età ultrasecolare. Alberi plurimillenari, quindi, distribuiti nella penisola salentina, tra preistorici muretti a secco, dolmen e menhir, “paiare” (tipo di trulli). Queste bellezze uniche si possono ammirare, infatti, in ogni angolo del suo territorio: dalla Grecia salentina all’otrantino, dal Parco del Negroamaro al Capo Leuca, nell’Arneo. I titoli varietali di Cellina di Nardò e Ogliarola leccese la dicono lunga sulla loro origine; ancor di più le caratterizzano gli appellativi popolari che secondo il modello delle loro produzioni vegetative e fruttifere, le indicano con nomi alquanto esotici: “saracina, morella, cafarella, cascia, nardò, termitara, scisciula, scuranese”. Decine di migliaia di alberi sparsi, tra cui spiccano epiteti d’eccezione per il loro regale portamento, scultura o grandezza:”albero del pastore”, “lu gigante”, “lu barone”, “la baronessa”. La loro longevità è di grende importanza se si considera la loro resistenza genetica a varcare indenni ere di ostilità (atmosferiche, cambiamenti climatici, interessi dell’uomo). Gli ulivi oggi sono il patrimonio e l’identità connaturata dei pugliesi; rappresentano la qualità ambientale più vera, un riferimento turistico, paesaggistico e storico da custodire. L’Unesco ha riconosciuto che in Puglia l’albero d’ulivo monumentale è “Patrimonio dell’Umanità”. Da queste attenzioni è nato il disegno di legge “Tutela e valorizzazione del paesaggio degli ulivi monumentali della Puglia“; ma qualcosa di strano sta accadendo: un nervoso cambiamento, che potrebbe sconvolgere i nostri felici orizzonti, specie quando si sente parlare di espianti o di superfici rapite all’agricoltura. Ci chiediamo con la forza della gentilezza, allora, cosa bolle in pentola? sono sotto gli occhi di tutti le notizie su abbattimenti di piante, di cui alcuni già in atto, altri si prenderanno a breve. Inevitabile chiedersi che cosa potrebbe accadere agli olivi pugliesi in futuro. Domande incalzanti, specie in queste ultime settimane, chiedendo garanzie per le piante e lanciando accorati appelli per salvare questo patrimonio naturale. Gli auspicati tavoli di confronto tardano e qualcuno avviato è senza prospettive. Qualsiasi decisione di espianto dovrebbe essere resa nota prima della decisione, così che le scelte diventino collettive, ribadendo che il “diritto alla tutela di un ulivo secolare” appartiene all’umanità. Non più dunque prevalga l’idea del possesso o pertinenza al territorio in cui so trova la pianta, ma di habitat, su cui la politica non ha potere. Abbiamo ereditato la bellezza e il legame del nostro territorio con la civiltà contadina dei nostri padri, convinciamoci quindi che è impossibile privarci o vivere senza l’elemento caratterizzante, l’ulivo, di cui ancora pochi apprezzano ed esaltano la maestosità e l’energia che sono in grado di esercitare sul nostro territorio salentino. Ma non può essere trascurato neppure il valore culturale, oltre che ambientale, che tanto manca quando si torna nei luoghi in cui siamo cresciuti e da cui ci siamo allontanati per le più svariate cause. Quando avremo distrutto l’ambiente in cui ci siamo formati e non saremo più in grado di riconoscerlo, sarà troppo tardi; non si potrà più rimediare e forse solo allora ci pentiremo per aver autorizzato, anche con la nostra indifferenza ed il nostro silenzio, la violenza al caratteristico paesaggio salentino, tra i più belli d’Italia. Vorrei anche ricordare il danno ecologico delle nostre amate piante divelte, a causa della CO2 perduta con la soppressione dell’enorme apparato fogliare, in un territorio come il nostro che è a serio rischio di desertificazione. Si proceda allora con la tutela delle piante, si creino subito appositi albi comunali, si intensifichino le mappature e i controlli, si tenga conto dei disciplinari di produzione e valorizzazione delle tradizioni olivicole. Un gesto razionale, per esempio, sarebbe una petizione indirizzato a singole amministrazioni, scuole, associazioni e privati cittadini, con certificazioni ambientali, cartellonistica e proposte di adozione a distanza, ma senza espianto.

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