martedì 22 marzo 2011

Alla fine tutte le cose si fondono in una sola e un fiume le attraversa..


"Alla fine tutte le cose si fondono in una sola.. 
e un fiume le attraversa..."

Da “In mezzo scorre il fiume” è stato tratto anche un film di Robert Redford con Brad Pitt, qualche anno fa, eppure si tratta di un libro che pochi conoscono. E invece bisognerebbe che lo leggessero in molti, sempre di più, perché regala molto, è breve, in esso nulla è eccessivo ed è estremamente rivelativo. E’ un libro gustoso nel vero senso della parola, leggendolo vorrete andare a vivere sulla riva di un fiume, del mare, di un qualsiasi corso d’acqua e pescare o veder pescare gli altri, ma vi verrà voglia anche di avere un fratello, e rimpiangerete di non aver con lui un rapporto migliore o di non avere avuto o di non avere maggiori occasioni per giocare assieme, per andare lontani dal lavoro e dalla città a divertirvi. E’ un libro molto semplice ma complesso perché è la storia di un fratello che specchiandosi nell’immagine di suo fratello nell’unico momento e nell’unica attività in cui riesce a stargli vicino, ovvero la pesca, (perché la pesca è l’unica cosa che condividono e amano allo stesso modo), cerca di riconoscersi, di autoanalizzarsi, di capire chi è, che cosa ha in comune con l’uomo che gli è davanti e biologicamente proviene dalla sua stessa famiglia, l’uomo con cui è cresciuto, ha pianto, l’uomo con cui è stato a pesca in centinaia di occasioni nelle quali il loro vecchio padre era aitante e forte. E arriva alla conclusione che è impossibile farlo dacchè suo fratello è diametralmente diverso da lui e lo è sempre stato. Eppure questo non lo esime dall’amarlo, perché amare un fratello ha più senso di ogni altra cosa, sebbene un fratello sia un attaccabrighe, un donnaiolo, un ubriacone. Perché suo fratello ad ogni modo ha il suo stesso sangue, il suo stesso orgoglio, la sua stessa cocciutaggine di irlandese trapiantato nel Montana, la stessa dignità di loro padre, e perché suo fratello è il più grande pescatore di trote dell’intero Stato ed è la cosa che gli riesce meglio e perché avrebbe amato fare solo quello nella sua vita e non aver dovuto lavorare seppure abbia sempre lavorato senza chiedere sconti. E anche perché suo fratello ha malmenato gli smargiassi che da piccolo tiranneggiavano lui, perché suo fratello ha un gangio da atterrare un bisonte e perchè suo fratello, sebbene le notti in prigione, le innumerevoli risse, è sempre suo fratello ed è l’unica cosa che conta.   
“In mezzo scorre il fiume” è anche uno dei pochi romanzi (è un romanzo breve) che parla di pesca, e in particolare di pesca a mosca che è la specialità, l’amore, se non l’unica ragione di vita per i due protagonisti, questi due fratelli del Montana che hanno imparato dal loro vecchio padre l’arte finissima di questa specialità. La pesca di “In mezzo scorre il fiume” però non è la pesca, o anche la caccia di Hemingway e di Faulkner, ovvero il campo in cui gli uomini diventano uomini e in cui ci si misura a colpi di virilità , e non è nemmeno una palestra di vita, così come non è la metafora della lotta tra il bene e il male, o la semantica dell’ottusità dell’uomo nel suo strenue confronto autodistruttivo con la Natura. E’ semplicemente ciò che tiene uniti, non solo al filo del ricordo di ciò che erano, questi due fratelli, questi due individui diversissimi, con due personalità opposte, i quali attraverso di essa cercano di capirsi, di studiarsi, di ripercorrere le proprie esistenze, i loro ricordi.  
Norman Maclean ha lavorato molti anni come taglialegna nei luoghi, nei boschi, nelle montagne che ha narrato e meravigliosamente descritto nel libro.  Dopo una carriera di professore universitario a Chicago ha esordito nientemeno che a 74 anni con questa perla narrativa in cui tutto è magnifico e calibrato alla perfezione,  dalla disanima dei sentimenti alla descrizione dei fiumi, delle pozze, delle trote, delle rocce acuminate tra le quali sembra sentire il gorgoglio dell’acqua furente, assistere allo spumeggiare della corrente, essere abbagliati dal fulmine argentato che il dorso della trota che salta e si inabissa fa baluginare.  
 “Tu sei troppo giovane per aiutare gli altri, e io sono troppo vecchio. E per aiutare non intendo essere gentile e premuroso e regalare soldi o servire gelatina di frutta. Aiutare qualcuno significa dare una parte di se stessi a chi la accetta volentieri e ne ha un assoluto bisogno. Così accade che di rado si riesce ad aiutare qualcuno. O non sappiamo quale parte di noi dare, oppure non abbiamo voglia di darne alcuna. Inoltre, quasi sempre chi ha bisogno di una parte di noi non la vuole. E ancora più spesso, non abbiamo la parte di cui l’altro ha bisogno”.
 “In mezzo scorre il fiume” scorre tra le mani con la velocità con cui si ascolterebbe la narrazione dei ricordi di un uomo davanti ad un caminetto. Perché siamo ormai disabituati all’ascolto e alla lettura di “semplici” racconti, oggi che anche il libro più disimpegnato e insignificante abusa di frasi incidentali, digressioni, subordinate che vogliono spiegare spiegare spiegare per condurre forzatamente il lettore dove l’autore vuole e che hanno come unico fine quello di stancare e annoiare. La prova che non c’è bisogno di splatter omicidi assassini medici legali sesso paranoico per tenere incollato un lettore ad un libro è questo libro. E in più Maclean rilassa ed è meno costoso di un week-end in una beauty-farm! MiK

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